
9 Marzo 2025/Anno C
Dt 26, 4-10; Sal 90; Rm 10, 8-13; Lc 4, 1-13
La Quaresima inizia nel deserto: è questo il “luogo” (si potrebbe dire la “condizione”) che può favorire la piena adesione al Signore, nella misura in cui il deserto costringe a una “riduzione all’essenziale”, che è indispensabile per poter fare autenticamente esperienza di Dio.
Nel deserto si rimane con sé stessi e proprio in forza di ciò si scopre l’emergere dal profondo del proprio cuore (della propria interiorità) delle dominanti mondane che fagocitano l’uomo e lo posseggono, rendendolo schiavo di sé.
È solo nel deserto che l’uomo è messo di fronte alla scoperta di essere abitato da una tendenza a “salvare sé stesso”, a cercare gli altri per usarli più che per amarli e per lasciarsi amare, a cercare le cose per sfruttarle più che per servirsene con cura e custodirle, a cercare il potere senza alcun limite per essere assolutamente indipendente e dominare chiunque!
Questi sono moti che sorgono dal di dentro dell’uomo e non dipendono dagli altri, dalle loro provocazioni o miserie.
Il deserto è utile, allora, nella misura in cui è una straordinaria opportunità (unica, per certi aspetti) per essere ricondotti alla personale responsabilità dei moti negativi che abitano il proprio cuore: perfino Gesù, vero Dio e vero uomo, non ha potuto sottrarsi all’esperienza di queste dominanti mondane che gli insorgevano dal di dentro e che non gli sono state risparmiate, per la scelta di Dio di condividere in tutto la condizione umana (cf. Eb 2,17-18).
Il racconto evangelico delle tentazioni suggerisce che è lo Spirito ad aver condotto Gesù nel deserto!
E anche per i suoi discepoli è così: non è la loro buona volontà a spingerli nel deserto della ricerca di Dio, ma è lo Spirito che vuole condurre coloro nei quali Egli dimora in quel deserto nel quale essi possono trovarsi “faccia a faccia” con la loro verità più profonda, che è quella di una figliolanza per la quale si deve essere disposti a lottare, giorno dopo giorno. «Se tu sei Figlio di Dio…».
Non è un caso che, nel deserto, Gesù sia tentato proprio sulla identità filiale che, nel battesimo al Giordano, egli ha tematizzato pienamente, a partire dalla rivelazione del Padre (cf. Lc 3,21-22).
Quella di Dio è una paternità che va riconosciuta e vissuta, accolta e custodita e non usata: essa è nella logica dell’amore e del dono e non dell’usurpazione o della conquista. Il diavolo si rivolge a Gesù per mettere in crisi proprio la sua identità di figlio e, dunque, per farlo vacillare nella fiducia accordata alla parola paterna di Dio sulla quale Gesù ha scelto (e dovrà sempre nuovamente scegliere) di scommettere tutta la propria vita.
Il demonio, infatti, cerca di insinuare il dubbio sulla figliolanza in modo “strumentale”. Anzitutto, egli chiede a Gesù di “usare” la paternità di Dio, approfittando della figliolanza e imboccando, in tal modo, una via disumana, alimentata dall’illusione di poter saltare la fatica dell’umano e della storia.
La tentazione di divisione percorre prima la strada del più elementare dei bisogni, la fame, e la risposta di Gesù proclama che c’è “altro” che sazia la fame dell’uomo: la Parola di Dio.
La tentazione imbocca, poi, la strada del possesso che rassicura, ma a prezzo dell’idolatria: Gesù, però, non si prostra davanti a Satana… egli si inginocchierà solo dinanzi a poveri uomini da amare e a cui laverà i piedi in un dono d’amore fino all’estremo, segno dell’amore stesso del Padre.
La terza tentazione per Luca è a Gerusalemme, meta di tutto il suo vangelo e, quindi, anche della via antievangelica che il diavolo propone a Gesù.
Questa tentazione a Gerusalemme è la suprema perché è la tentazione della “religione”, che cerca un gesto che manifesti la grandezza e la potenza di Dio… un gesto che “rivelerebbe” la sua gloria!
Ciò che ha permesso a Gesù di superare la tentazione è stata la forza dell’amore per il Padre e per gli uomini suoi fratelli, mediato dalla Parola contenuta nelle Scritture, che Gesù, diversamente dal diavolo, ha citato non strumentalmente, ma con cuore fiducioso e obbediente.
E questo è stato per lui l’inizio del suo esodo, l’inizio della sua Pasqua! E così sarà anche per ogni suo discepolo!
P. Gianpiero Tavolaro
