Anno A/5 Gennaio 2020
Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1, 1-18
C’è oggi nella liturgia uno sguardo che cerca di portarci oltre il tempo, nell’eterno di Dio, in quell’ in principio da cui tutto prese vita.
Il mistero dell’Incarnazione non ha radici verso il basso della storia ma ha radici in alto, verso quell’eterno imperscrutabile in cui hanno dimora i sogni di Dio, i suoi progetti…l’autore della lettera ai cristiani di Efeso, di cui oggi leggiamo un tratto del primo capitolo, parla di un in principio, di un prima della creazione in cui il Dio che Gesù ci ha rivelato come Padre ha un progetto eterno come il suo cuore paterno, una predestinazione che dobbiamo intendere come un fine meraviglioso sognato per la sua creatura: l’essere figlio! Questo sogno dell’ in principio Dio l’ha realizzato in Gesù Cristo.
Tutto questo la liturgia odierna lo pone sotto una chiave di lettura essenziale per comprendere il Dio della Bibbia che desidera liberarci da ogni atteggiamento religioso e quindi imprigionante. Tutto va letto dunque nell’ottica del dono, della gratuità. D’altro canto se la scelta, il sogno di Dio è prima della creazione del mondo, come dice la lettera ai cristiani di Efeso, questo è un sogno che noi non abbiamo potuto né generare, né meritare! E’ un dono che ci precede in modo assoluto, un dono non meritato e che non può neanche essere ricambiato, può essere solo accolto.
L’Evangelo di Giovanni si apre con questa pagina sublime che ci fa contemplare l’intimità eterna del Verbo con il Padre e come dal cuore di questa intimità fiorisca una nuova intimità, quella con la carne dell’uomo. Il Verbo divenne carne e pose la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,14); lo stupore di Giovanni è qui straordinario e sottolinea l’assoluta gratuità di questa incredibile e impensabile via di Dio: l’Incarnazione è un dono nel quale si riceve grazia su grazia (Gv 1,16); l’amore gratuito di Dio è stato riversato da Gesù su noi uomini già con il suo assumere la nostra fragilità, l’amore gratuito di Dio è stato narrato da Gesù in tutto ciò che ha detto e fatto. L’unicità del cristianesimo, ricordiamolo sempre, è proprio qui: è nell’uomo Gesù che Dio si è reso presente in tutto, è nell’uomo Gesù che Dio si è narrato, incontrare l’uomo Gesù è incontrare Dio… quella carne fragile di Cristo è il vero santuario, il tempio definitivo…questa carne fragile la incontreremo per l’ultima volta nel IV Evangelo, prima dei racconti delle apparizioni del Risorto, nella scena della sepoltura (Gv 19, 38-42) quandoNicodemo lo ungerà con 100 libbre di unguenti: il nuovo tempio, quello definitivo in cui tutti gli uomini potranno incontrare Dio, per la letteratura intratestamentaria, sarebbe stato consacrato proprio con quella quantità di unguenti che Nicodemo userà per Gesù! Nicodemo a nome di Israele lì consacra il nuovo tempio! In quel corpo di uomo!
Il dono di Dio si manifesta in quella carne fragile che ha posto la sua tenda tra di noi e ha percorso l’itinerario di un uomo, fino all’amore estremo della croce e fino a scendere nella tomba…in quella umanità si può incontrare Dio! Il tempio ormai è la sua carne!
Questa prima domenica del nuovo anno ci deve lasciare pieni di una consapevolezza: Dio si è fatto dono all’uomo, in Gesù questo dono è stato pieno e definitivo; riconoscere questo dono ed abbandonarsi ad esso è l’unica via, via che contraddice ogni religione e ci libera da ogni presunzione di merito e di ricambio.
Contemplato il dono non ci resta che lo stupore dal quale può sgorgare solo un canto di lode che proclami la gloria di Dio; perché solo chi ha conosciuto Gesù ha potuto conoscere la gloria di Dio!
P. Fabrizio Cristarella Orestano