Anno A/ 22 Marzo 2020
1Sam 16,1.4.6-7.10-13; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-14
Siamo giunti alla domenica detta “Laetare” (cioè “Rallegrati” che è l’inizio dell’antifona di ingresso di questa celebrazione ripresa da Is 66,10); la luminosità della Quaresima qui si fa esplicita; come già dicevamo nelle scorse domeniche la Quaresima è “tempo di radiosa tristezza”, tristezza per i nostri peccati e luce per la grazia che ci viene offerta dall’amore gratuito di Dio che viene a cercarci nelle nostre tristezze, nei nostri abissi, nelle nostre tenebre; la radiosa tristezza ci è offerta oggi chiaramente perché il segno del Cieco nato, che questa domenica leggiamo nell’Evangelo, ci indica Gesù come luce per il mondo e la sua Pasqua, ormai vicina, come “luogo” in cui per sempre questa luce vince le tenebre!
In questo tempo che pare così oscuro, colmo di paure di solitudini, colmo del pensiero che l’emergenza che viviamo mette in pericolo tutto il nostro quotidiano, le nostre relazioni, i nostri progetti, le nostre gioie, abbiamo bisogno di rallegrarci in modo evangelico, rallegrarci cioè per Cristo e la sua vittoria. Questa è certa, Lui ha già vinto! Questo non lo dobbiamo dimenticare; credo che sia inganno del maligno farci credere che le tenebre stanno vincendo o possono vincere. Da parte nostra, che di questa luce siamo custodi, resta un compito: pregare, sperare, amare e comunicare speranza al mondo; dobbiamo pregare per tenere ancor più collegato questo mondo disorientato alla fonte della luce e della vita, ribadendo la nostra fede nella vittoria di Cristo, dobbiamo sperare perché la speranza è via per il futuro di Dio nelle nostre vie, dobbiamo continuare ad amare perché l’amore è quello che sulla croce ha condotto l’umanità, in Cristo, alla vittoria.
Anche oggi, come domenica scorsa, un racconto articolato ed intrigante del Quarto Evangelo.
Al capitolo precedente Gesù aveva solennemente proclamato: “Io sono la luce del mondo. Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (cfr Gv 8, 12); ora, come sempre fa il IV Evangelo, ci mostra come quelle parole di Gesù non siano parole e basta; c’è un segno che ne mostra la forza e ce ne indica la promessa.
Incontriamo un cieco ma, a differenza dei ciechi degli Evangeli Sinottici, questo cieco di Giovanni non chiede nulla, non sospetta neanche che possa guarire perché la luce la ignora, non sa proprio cosa sia: è cieco dalla nascita e dunque non rimpiange nulla perché non conosce la luce, non ha mai conosciuto la bellezza della luce, né la profondità della tenebra; vive nella tenebra e crede che quella sia la condizione ordinaria. Vive la sua condizione di tenebra, immerso nella tenebra.
E’ Gesù che prende l’iniziativa di accostarsi a lui e lo fa compiendo subito un gesto creazionale: fa del fango con la terra e con la propria saliva e con esso gli unge gli occhi (Giovanni scrive “epéchrisen” – cioè “unse” – un composto del verbo “chrio” da cui deriva “Christos”) … con questo gesto Gesù annuncia che è venuto per creare una nuova umanità che, uscita dalle tenebre del peccato, può intraprendere un cammino straordinario di immersione ed identificazione con Lui, il Cristo, il Figlio dell’uomo, il Verbo della vita, l’ Inviato di Dio, Colui che narra il Padre … Unto come Gesù, il cieco è inviato ad immergersi nell’ Inviato (la piscina di Siloe – la parola la stessa radice del verbo ebraico che significa “inviare” – assurge qui a simbolo di Cristo stesso, Inviato dal Padre), come Gesù è perseguitato e cacciato fuori, è fatto capace di dire “Io sono” (che nel Quarto Evangelo solo Gesù può dire tanto che neanche il Battista dice Io sono voce ma dice semplicemente “Io voce di uno che grida” cfr Gv 1,23).
Come comprendiamo è un vero itinerario battesimale che si dipana: dall’incontro con Cristo, all’immersione nell’Inviato di Dio; un itinerario che diviene vita, vita di immersione nel mondo con le sue contraddizioni e le sue resistenze violente al Regno.
E’ importante notare che Gesù, dopo la guarigione, scompare dalla scena e lascia “solo” colui che era stato cieco, lo lascia da solo, senza altro appoggio che ciò che ha sperimentato nell’incontro con Lui.
Il cieco guarito così assurge ad “icona” di ciascuno di noi che, incontrato il Cristo, immerso in Lui, nei lunghi giorni della propria storia deve fare i conti con la sua “assenza” e con la violenza della storia che cerca di contraddire le vie di Cristo e condurre per vie mondane.
Il guarito (come noi per quel che concerne alla nostra personale storia con Lui) deve dunque scoprire, nel rapporto con il mondo, cosa aveva significato quel gesto e quella parola di Gesù, cosa aveva significato anche quella sua obbedienza alla parola che Gesù gli aveva detto: Va’ a lavarti alla piscina di Siloe. Colui che s’è lasciato illuminare, trasformare da Lui ora è capace di trovare in se stesso la forza ed il modo per affrontare diversamente la vita.
L’ Evangelista Giovanni ci dice in questo racconto che è questa la via battesimale: chi è di Cristo perché unto da Lui, immerso in Lui, obbediente a Lui, ha ricevuto da Lui doni tali da avere di che testimoniare e di che spingersi sempre più avanti nella testimonianza a Colui con cui ormai “fa corpo” in quanto unto come Lui, immerso in Lui, capace addirittura di dire l’ “io sono” che, nel Quarto Evangelo, solo Gesù dice; chi è di Cristo è generato alla luce ed è luce lui stesso!
E’ davvero straordinario il percorso di quest’uomo guarito e straordinario può essere il percorso di noi uomini guariti, ricreati, immersi in Cristo, unti da Lui e come Lui, resi capaci di vivere nella luce.
La Quaresima è tempo in cui è necessario ancora riappropriarsi del nostro Battesimo, di rileggere la nostra vita a partire dall’evento-incontro con Lui, da quella scelta che il Signore ha fatto di ciascuno di noi a prescindere dai nostri “meriti”. Sì, perché c’è anche per noi un’elezione gratuita che ci sceglie anche quando noi non ci siamo. Penso che la prima lettura di questa domenica, tratta dal Primo libro di Samuele, voglia condurci proprio a questa riflessione: siamo stati scelti quando eravamo assenti e da uno che non guarda le apparenze ma al cuore, al profondo dell’uomo perché è in quel profondo che vuole abitare; Davide è scelto da Dio, attraverso Samuele, tra tutti i suoi fratelli di lui molto più appariscenti ed è unto dal Profeta senza esitazioni. Tutto ciò comporterà a Davide una vita altra, diversa; una vita di fatiche, di lotte, di persecuzioni, ma anche di vittorie … Davide attraverserà anche il peccato ma saprà sempre ritrovare il profumo di quell’ unzione di gioia con cui Dio l’aveva preferito ai compagni (cfr Sal 45,8).
Davide, il Cieco guarito, i cristiani di cui parla l’autore della Lettera ai cristiani di Efeso chiamati ad essere figli della luce … tutte icone per interpellarci sull’ oggi del nostro Battesimo, sulle conseguenze che ha oggi il nostro Battesimo! Che compromissione per Cristo siamo oggi disposti a vivere? Lo spazio della nostra vita quotidiana è segnato da Cristo? Tutti i nostri spazi, anche quelli colmi di dolore, di non-senso, di vuoto … spazii come quelli che viviamo in questa emergenza … Cristo dov’è anche in tempi così, che credito diamo a Lui e alla sua vittoria quando tutto pare buio?
Il Cieco guarito ha compiuto il suo esodo dalle tenebre all’adorazione del Signore Gesù; un esodo che passa per il confronto duro e costoso con il mondo che sempre si scatena contro chi lo contraddice; è questo l’esodo battesimale che oggi va verificato, l’ esito non deve essere altro che l’ adorazione del Signore, il riconoscere, cioè, che solo Lui dà la vita, che solo Lui è il senso che dà senso a tutto.
Al termine del racconto Gesù si mostra di nuovo e ciò che l’Evangelista scrive è bellissimo: Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori e, avendolo trovato gli dice: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?” e gli si rivela e gli rivela anche il senso di quella vista che gli ha donato: vedere Lui (“Chi è perché possa credere in Lui?” – chiede il cieco guarito – E Gesù: “E’ colui che parla con te!”), perché se si vede Lui si è entrati nella luce che tutto trasforma, nella luce della vita. Gesù va a trovare colui che era stato cacciato fuori per condurlo al suo ovile; si prende cura di lui, lo porta con sé; se prima lo aveva lasciato solo a testimoniare nella storia e alla storia, ora gli mostra che, in realtà, non era solo ma era accompagnato da una custodia che non viene mai meno. Ormai il guarito, se vuole, gli appartiene.
E questa è anche la nostra vicenda con Lui; per questo allora davvero possiamo rallegrarci accogliendo l’invito di Isaia e della liturgia della Chiesa! L’ aurora luminosa che è Cristo Signore colora già di rosa l’orizzonte della storia (il rosa dei paramenti liturgici di questa domenica di gioia attenua sì il violaceo ma tingendolo dei colori della nuova aurora!); la Pasqua che celebreremo ancora ci annuncia che tutto è stato compiuto dall’amore di Dio; ora c’è un frattempo che noi dobbiamo riempire di compromissione gioiosa adorando Lui, il Cristo, come Signore della nostra vita.
Apriamo con coraggio gli occhi sul suo volto che ci ha scelti, chiamati, amati, legati a sé, inviati nel mondo a compiere le opere di luce di Dio … contemplando il suo volto scopriremo su quel volto la misericordia che ogni giorno ci guarisce e ci illumina; per questo possiamo gioire! La vita in Cristo è vita di lotta ma non disperata perché non c’è peccato che non trovi perdono e non c’è notte che, nel Risorto, non si tinga di nuovo dei colori dell’aurora! Ci crediamo davvero?
P. Fabrizio Cristarella Orestano