17 Febbraio 2021/Anno B
Gl 2,12-18; Sal 50; 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18
E’ ancora Quaresima! Non solo un tempo austero, non solo un tempo di penitenza, ma soprattutto un tempo di grazia!
Tra quaranta giorni è ancora Pasqua! Tra quaranta giorni canteremo ancora l’Alleluia della vittoria … in questi giorni sospendiamo questo canto di giubilo, lo sospendiamo solo perché abbia nuova forza in quella santa notte di resurrezione. Se l’Alleluia è canto di gioia ed esultanza per una vittoria, ogni vittoria è preceduta da una battaglia, da una lotta. La Quaresima è appunto tempo di lotta, tempo di verifica, tempo di prova! Una verifica coraggiosa e veritiera della nostra fedeltà all’Evangelo, una prova della nostra capacità di scegliere Cristo e di voltare le spalle agli idoli.
Tempo, come scriveva Origene, in cui è necessario allenarci in quella lotta essenziale in ciascun giorno della vita del cristiano: «la lotta a quella tentazione di sempre che vorrebbe che noi prendessimo per Dio ciò che Dio non è!». Una lotta a volte brutale, a volte sottile, ma una lotta che costa. La Quaresima è la santa palestra per imparare quest’arte ed impararla di nuovo ogni anno con quello che siamo, che siamo divenuti in quest’altro anno di cammino della nostra vita. Quest’anno che è trascorso ci ha messo davanti ad una situazione mai prima neanche immaginata; ci ha isolati, intristiti, ci ha strappati agli affetti, ci ha fatto sentire il male e la morte come protagonisti dei nostri giorni, ci ha riempiti di paura; quest’anno ci ha rivelato con una impietosa chiarezza che siamo.
Che siamo? Fragilità! Senza illusioni dobbiamo dirlo: fragilità!
Il segno della cenereche oggi la Chiesa ci pone sul capo è memoria austera ed eloquente della nostra fragilità: l’Adam è fatto della polvere della terra, ma non rimane polvere! E’ vero, siamo fragilità, e questo anno di pandemia ce l’ha gridato senza riguardi, ma siamo una fragilità amata infinitamente da Dio, una fragilità assunta a pieno da Dio… in Gesù Dio si è compromesso con questa fragilità, l’ha assunta fino a scendere lui stesso in un sepolcro: ha voluto la nostra fragilità senza sconti, fino alla morte: anche quest’anno al Venerdì santo la Chiesa canterà con stupore dinanzi al Crocifisso antiche parole in greco: «Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale, pietà di noi!». Uno stupore grande che mai la Chiesa dovrà addomesticare: il Santo si è fatto maledetto, il Forte si è fatto impotenza, l’Immortale è precipitato nell’ombra di morte, nel ventre della terra, in un sepolcro come tutti gli uomini!
Una lotta costosa quella della Quaresima, costosa perché è lotta già vinta a prezzo del sangue di Cristo; la nostra polvere, allora, può entrare in quella vittoria che è nostra!
La nostra fragilità è stata resa leggera dall’amore di Dio, Lui ne ha preso sulla croce il peso schiacciante e paralizzante; sul capo non ci è posto un macigno ma un po’ di polvere che, mentre ci ricorda chi siamo nella nostra fragilità, ci narra anche di un Dio che ci dichiara che non permetterà al peccato di schiacciarci!
Tutto questo è per noi non solo consolazione ma pure forza per la lotta. Sulla Quaresima si proietta l’ombra della croce di Cristo, anzi la croce stende il suo riparo su di essa: a quell’ombra possiamo camminare senza timore di cadere assetati sotto un sole immoto ed impietoso… Quella croce in questo tempo santo non sarà, però, solo riparo, sarà per noi tutti anche richiesta e via: richiesta a compiere anche noi, con Cristo Gesù, l’ascesa alla croce perché sia ucciso l’uomo vecchio, via perché camminare nella sua logica di amore e libertà ha un esito: la luce della resurrezione. Non solo allora “con-morti” insieme al Cristo, come direbbe Paolo, ma anche “con-risorti” insieme a Lui (cfr. Rm 6,1-4; Col 2,12).
Gli strumenti per compiere questo cammino ce li ha dati l’Evangelo che oggi è proclamato: la preghiera, la condivisione, il digiuno. Il digiuno fa spazio a Dio e ci aiuta a conoscerci nelle nostre debolezze, la preghiera ci conduce a dimorare in Dio, la condivisione è l’atteggiamento essenziale per vivere da uomini veri in questo mondo.
Il frutto di una Quaresima vissuta senza sconti? Un passo ulteriore verso quell’uomo nuovo che la Pasqua di Cristo ci dona la possibilità di essere.
Come si sa le ceneri vengono fatte con i rami della Domenica delle Palme dell’anno precedente e questo non per un ecologico senso del riciclo ma per una ragione simbolica: con quei rami un anno fa abbiamo detto: «Osanna al Figlio di David! Benedetto il Veniente nel nome del Signore!». Con quei rami abbiamo accolto il Messia Gesù nelle nostre comunità e nelle nostre vite personali come Signore! Tante volte però quell’ Osanna è diventato cenere … si è volatilizzato nelle nostre scelte dissipate e di morte… e abbiamo rinnegato il Veniente! La cenere di questo giorno ci ricorda anche questa fragilità ma senza minacciarci, anzi rassicurandoci che Cristo la impasterà ancora con il suo sangue, con il suo amore e l’uomo nuovo sarà possibile, ancora e ancora! È vero allora quello che dicono di questo tempo io cristiani bizantini: “Quaresima è tempo di radiosa tristezza”! Tristezza perché ci mette dinanzi il nostro limite e peccato, a volte davvero mortificante e mortifero, ma è tristezza radiosa perché ci apre a quell’uomo nuovo che Gesù ci ha donato con la sua Croce e la sua Risurrezione! Certa è una cosa: si dovrà lottare per accogliere il dono!
Buona lotta!
Buona Quaresima!
P. Fabrizio Cristarella Orestano