8 Dicembre 2023/ Anno b
Gen 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11.12; Lc 1, 26-38
Secondo il racconto di Genesi che oggi si ascolta, Eva era caduta perché aveva creduto ad una menzogna insinuante del tentatore (il serpente striscia, si insinua … proprio come la tentazione, specie la più sottile!): “Puoi non essere più creatura e puoi diventare come Dio …” e il “terreno” di Eva diventò “terreno” di morte e miseria, di dolore e maledizione (parole tutte che il testo di Genesi enumera con sgomento!) … il “terreno” di Eva però, si badi bene, non è un terreno primordiale, un’origine infausta che sta solo in un “in-principio” di cui portiamo, nostro malgrado i segni.
Non è così!
Una lettura così di queste pagine forti e paradossalmente luminose del Libro della Genesi è un vero errore, un errore che in qualche modo potrebbe deresponsabilizzarci.
Il “terreno” di Eva è il nostro “terreno” quotidiano, è il “terreno” infestato dai nostri “no” alla creaturalità, dai nostri “no” a Dio e alla sua signoria, “no” sottili e, a volte, inconfessati e inconfessabili. I nostri “terreni” generano morte perché è vero che noi vogliamo essere come Dio, essere noi stessi misura del bene e del male, del vivere e del morire, dei tempi e degli spazi che appartengono solo a Dio.
Eva è figura potente che evoca il buio dell’uomo, di quell’uomo che, creato per generare vita (il nome di Eva è evocativo di vita!) finisce per generare morte.
Oggi Eva è posta dalla liturgia della Chiesa a fare da sfondo antitetico all’icona di Maria, la Vergine di Nazareth.
Al cuore dell’Avvento oggi Maria ci è posta innanzi come “terra” feconda perché accoglie il seme di Dio e così genera Dio nella carne rimanendo con fermezza creatura e creatura umile e colma di stupore. Se Eva agisce e, con le sue mani, strappa il frutto di morte e disobbedienza, Maria sceglie di “non agire” per permettere a Dio la sua azione, la sua opera. Maria, nel notissimo passo di Luca dell’Annunciazione, fa domande, chiede, ma lo fa solo per essere più obbediente, chiede per mettere tutte le sue azioni solo sotto il segno della più vera obbedienza.
Maria scopre che c’è un primato di Dio nella sua vita, che Dio ha guardato a Lei “prima” e non rispondendo a sue azioni di “giustizia”. Maria si sente chiamata da Gabriele «colmata di grazia», con un nome cioè che rivela un “prima” in cui lei stessa non ha parte. In fondo dire che Maria è l’Immacolata è affermare questo “prima” gratuito di Dio.
Maria, diversamente da Eva, diversamente da noi, non ha la presunzione di avere tutto nelle sue mani, non ha la presunzione di voler controllare tutte le possibilità, non ha la presunzione del potere “assoluto”, sciolto cioè dalla coscienza di essere creatura.
La sua verginità, paradossalmente feconda, ci racconta con fermezza che «nulla è impossibile a Dio»; la verginità di Maria (come la sterilità di Elisabetta che genera il Battista, o prima ancora quella di Sara che genera Isacco o quella di Anna che genera Samuele) ci spalanca dinanzi l’impossibile che Dio fa possibile con la sua grazia e la sua misericordia.
Come dicevamo, Gabriele chiama Maria “riempita di grazia” (così è più esatto tradurre il testo di Luca: «Rallegrati, riempita di grazia!») perché è tale non per sua virtù, per suoi meriti, per sua potenza … è “piena di grazia” perché riempita di grazia.
Il primato è sempre di Dio e Maria lo riconosce … diversamente da Eva, Maria si dichiara serva della Parola che in lei deve solo trovare il “terreno” per piantare la sua tenda di vera carne.
Maria offre al Messia, al Figlio dell’Altissimo, all’Atteso, la sua carne di creatura e, dalla sua carne germina Dio! La sua carne di donna, fatta madre dalla grazia, diverrà in Gesù carne di Dio.
È vertiginoso!
La solennità di oggi celebra dunque non tanto un privilegio di Maria, ma soprattutto il sogno di Dio su di lei, il compimento in lei dell’evangelo della grazia. Nella sua “povera” carne di donna splende una possibilità offerta agli uomini: la possibilità di essere terra di Dio … rimanendo terra ma essendo tutta di Dio.
Il mistero di oggi è la santità di Maria, è il suo essere stata “messa da parte” dal progetto di Dio. Il Signore l’ha prescelta e salvata, l’ha separata dal terreno “infestato” di Eva, l’ha fatta terreno santo, nuovo su cui il Figlio poteva piantare la sua tenda.
Maria è “Tutta santa” (come dicono le Chiese d’oriente volgendo in forma positiva l’appellativo occidentale di “Immacolata”) perché Dio così l’ha voluta per l’incarnazione del Figlio. Gesù che percorrerà le strade degli uomini facendosi carico di tutte le loro miserie, dei loro orrori, dei loro peccati, nasce da una carne come la nostra, ma tutta di Dio fin dal momento del suo concepimento.
Maria è tutta di Dio (e la sua verginità ne è conferma) e lo è cosciente e consapevole, felice della sua condizione di creatura e di chiamata; Maria obbedisce e non vuole fare né un po’ di più, né un po’ di meno di quanto Dio le chiede … Maria si fa disponibile a che la Parola avvenga in lei.
Nel nostro percorso di questi giorni Maria è per noi figura straordinaria dell’Avvento per il suo essere “terreno” libero, disponibile, accogliente e perciò fecondo della Parola. Maria è icona dell’Avvento perché la sua attesa è rivolta tutta, da quell’ora del suo sì, a Colui che cresce dentro di lei e da lì deve portare pace e salvezza a tutte le genti.
Così deve essere anche per noi che siamo chiamati a far crescere Cristo in noi (cfr Ef 4, 13) fino alla pienezza e ad attenderne il ritorno glorioso.
La Vergine Immacolata, Madre del Signore, la Figlia di Sion in cui si compie ogni promessa ci insegni ad essere, con gioia e coraggio, terreno di un Avvento che è maturazione piena in noi di Cristo che è compimento di ogni verità dell’uomo.
P. Fabrizio Cristarella Orestano