10 Gennaio 2021/Anno B
Is 55,1-11; Cantico da Is 12,2-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11
Il tempo liturgico del Natale si conclude con questa festa del Battesimo di Gesù, una festa che ci orienta al compimento pieno di ciò che nelle liturgie natalizie abbiamo già contemplato con stupore e con gioia: un Dio che si compromette senza mezze misure con l’uomo assumendone la carne fragile.
La scena del Battesimo al Giordano, di cui quest’anno leggiamo la versione di Marco, è strettamente connessa, nella teologia di questo Evangelista, con la scena della crocifissione con cui viene creata una vera “inclusione”. Vi sono alcuni elementi che bisogna saper leggere e che ci conducono a quel compimento che apparve, paradossalmente, una sconfitta e un tetro fallimento.
Davvero, come ha scritto Isaia nel suo oracolo che oggi è la prima lettura, il Signore può proclamare: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie». Ogni pienezza ed ogni fedeltà di Dio si realizzano nel “fallimento” del Golgotha.
Per Marco il Battesimo al Giordano è una scena che, connettendosi direttamente alla Croce, ci dice che tipo di sequela Gesù di Nazareth propone a chi si accosta a Lui.
In primo luogo dobbiamo dire che in Marco la scena del Battesimo non porta in sé nessun riconoscimento, da parte degli uomini, di ciò che Gesù è e neanche del senso della sua missione; di contro in Matteo c’è tutto quel dialogo di Gesù con il Battista in cui quest’ultimo riconosce l’assoluta superiorità di Gesù; nel Quarto Evangelo, addirittura, c’è il Battista che proclama l’identità messianica di Gesù su cui testimonia d’aver visto scendere lo Spirito…di Gesù il Battista testimonia ancora che è l’Agnello-Servo del Signore.
In Marco, invece, il Battista dice che c’è “uno” che “gli viene dietro” (è un suo discepolo, cioè) che sarà l’Inviato a cui lui non è degno di sciogliere i sandali, ma di fatto, quando Gesù si mette in quella fila di peccatori per farsi immergere da lui nel Giordano, nulla accade di visibile se non per Gesù stesso. Marco scrive infatti: «Vide squarciarsi i cieli e udì una voce…».
Insomma Gesù si presenta al mondo come uno che prende su di sé la realtà umana del peccato, è confuso tra la folla, è davvero uomo tra gli uomini, è «annoverato tra i peccatori» (Is 53,12)…davvero si presenta a noi come chi è venuto a cercare chi si è perduto, si presenta sul terreno degli smarriti, sull’arido territorio del peccato degli uomini (Cf. Mc 15,27).
Già qui vediamo un aggancio significativo con la scena della Croce in cui Gesù è giustiziato tra due briganti, scarti e feccia della società, empi e bestemmiatori Marco ignora il cosiddetto “buon ladrone”)…tra quei due delinquenti Gesù è letto anch’egli come delinquente ed empio da chi vede l’obbrobrio della croce.
Come nella scena della croce anche al Giordano appare un verbo, il verbo greco schίzo che significa “squarciare”, “lacerare”; nella scena del Battesimo si lacerano, si squarciano i cieli, dietro cui, per la mentalità biblica, c’è il mondo di Dio, nella scena del Golgotha si squarcia il velo del Santuario che separava sempre il luogo di “residenza” di Dio nel Santo dei Santi dal mondo degli uomini…
Al Giordano i cieli si squarciano perché Dio possa irrompere definitivamente nella storia attraverso Gesù che è il «Figlio amato», come proclama la voce del Padre; all’ora del Golgotha il velo del Santuario si squarcia per proclamare che a tutti gli uomini ormai è aperto l’accesso al cuore di Dio, al suo abbraccio di Padre (Cf. Mc 15,38).
Terzo elemento che collega le due scene è l’identità proclamata di Gesù di Nazareth.
Chi è?
Al Giordano è il Padre che rivela finalmente a Gesù la sua piena, vera, identità: «Tu sei il figlio mio, l’amato, in te mi sono compiaciuto» …al Golgotha se il Padre tace, tanto da provocare il grido desolato di Gesù («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» Mc 15,34), l’identità di Gesù è dichiarata dal più lontano dei lontani, dal centurione che comanda il picchetto di soldati che sono stati i boia di Gesù, i suoi carnefici; proprio lui, che ha le mani ancora sporche del sangue del Crocefisso, dichiara che «veramente quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15, 39). Ancora una volta possiamo ripetere le parole di Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie».
Quel che al Giordano era stata rivelazione del Padre al solo Gesù al Golgotha diviene pubblica proclamazione di un’identità davvero paradossale: proprio quel “delinquente” appeso alla croce con altri delinquenti è il Figlio di Dio!
Il Padre s’era compiaciuto a vederlo al Giordano in quella fila di peccatori a cercare i suoi figli perduti, ora il suo compiacimento si manifesterà con la Risurrezione del Figlio amato che era sceso fino all’inferno per cercare i figli di Adam perduti nel peccato.
Seguire Gesù significa immergersi con Lui nella storia (ricordiamo che il verbo greco baptίzo significa “immergere”) senza pretendere né sconti, né esenzioni, significa stare accanto agli uomini, come Lui ha fatto, per condividerne gli interrogativi e la ricerca dell’umano e del senso, portando agi uomini il volto del Padre che non abbandona gli uomini, fatti figli nel Figlio, ma l’ ama sino all’estremo facendosene compagni di viaggio, facendosi davvero Emmanuele.
Le dolci festività natalizie si concludono con questo Evangelo dirompentemente pasquale che ci conduce per mano alla soglia del Mistero supremo d’amore di Colui che s’è fatto fratello di umanità dalla mangiatoia di Betlemme al legno della Croce.
Gesù è davvero Colui che è «venuto con acqua e sangue», come dice Giovanni nel passo della sua prima lettera che si legge in questo giorno, cioè dal Giordano al Golgotha, così ci ha consegnato l’Evangelo dell’uomo nuovo amato e ricreato dall’amore gratuito di Dio.
P. Fabrizio Cristarella Orestano