Anno A/19 Luglio 2020
Sap 12, 13.16-19; Sal 85; Rm 8, 26-27; Mt 13, 24-43
Ancora una parabola, anzi tre parabole, anche se pare che quella della zizzania prenda tutto il campo! Tre parabole certamente collegate e con una spiegazione, “a scoppio ritardato”, della prima parabola. Come per la spiegazione della parabola del seminatore, anche questa spiegazione non risale a Gesù ma alla comunità di Matteo e alle sue esigenze storiche e anche questa spiegazione, dobbiamo dire la verità, come nel caso della parabola del seminatore, sposta l’attenzione dal vero centro della parabola.
Il problema della parabola della zizzania è un problema serio che agitava le comunità degli inizi come agita, in qualche modo, anche le comunità cristiane di oggi…anche se dobbiamo dire con rammarico che noi sembriamo meno agitati rispetto a quelle prime generazioni, cristiane. Forse siamo, drammaticamente, più abituati alla presenza del male tra di noi.
Infatti, il problema è lo scandalo dei peccati dopo il battesimo, lo scandalo del male che può abitare anche la Chiesa. In primo luogo la parabola mette in guardia sul fatto che la Chiesa non è la comunità dei puri, degli eletti, degli uomini già definitivamente salvati …no! La Chiesa è la comunità dove ogni giorno ci si può salvare. La presenza della zizzania non può essere, né deve essere una sorpresa e neanche deve essere letta come un segno di impotenza della Parola dell’Evangelo di salvare gli uomini. Anche qui, come nella parabola del seminatore, Matteo affronta il rischio, che tanti corrono, di pensare che la Parola sia “inefficace”. Se c’è la zizzania, incarnata in alcuni che hanno ricevuto la Parola e che si sono impiantati nel terreno della Chiesa, vuol dire per caso che la Parola non abbia forza sufficiente a cambiare il volto della terra? Questa è una domanda drammatica e la parabola vuole dare una risposta.
Così il primo problema che la parabola affronta è la presenza di servi zelanti ed impazienti che vorrebbero anticipare il giudizio di Dio con il loro giudizio; la parabola rimanda il giudizio alla fine ma ha un altro centro; il cuore della parabola, mi pare, non è la presenza della zizzania (è un fatto facilmente constatabile!) e neanche il fatto che nel futuro giudizio il buon grano sarà separato dalla zizzania, il centro della parabola sta nel fatto che oggi la zizzania non deve essere strappata.
Come sempre anche questa parabola è scioccante: lo scandalo è la pazienza di Dio che si colloca al di là di ogni intolleranza.
Forte era il problema dell’intolleranza ai tempi di Gesù: i farisei e gli esseni, infatti, propendevano ad una rigida separazione tra puri ed impuri; essi pensavano che l’instaurazione del Regno di Dio sarebbe avvenuta attraverso questa rigida separazione. In fondo la stessa predicazione del Battista si spingeva su queste orizzonti quando gridava: “La scure è posta alla radice…” e che il Messia sarebbe venuto impugnando “il ventilabro per separare il grano dalla pula” (cfr Mt 3, 10.12). La Chiesa dei primi secoli fu anch’essa tentata da questa logica che, diciamoci la verità, è una logica facile anche se altamente illusoria perché i puri non esistono…addirittura nella Chiesa antica ci fu un tempo in cui si discusse circa la possibilità di ottenere il perdono per i peccati commessi dopo il Battesimo.
La pratica di Gesù va in tutt’altra direzione tanto da scandalizzare i farisei e da far sorgere dubbi persino nel Battista che manda a chiedere a Gesù se è proprio lui il veniente (cfr Mt 11,3)…Gesù infatti frequenta i peccatori e i pubblicani e siede a mensa con loro (cfr Mt 9, 10-13), Gesù ha tra i suoi discepoli un traditore, Gesù frequenta donne di dubbia fama (cfr Lc 8, 1-3) e si fa toccare da una pubblica peccatrice (cfr Lc 7, 36-50). Gesù chiede conversione ma non segue nessuna logica di separazione e di contrapposizione tra puro e impuro…La parabola della zizzania non è altro che applicare alla vita della Chiesa, alla vita della comunità dei discepoli, quella “politica” quella logica di Gesù. Una logica questa, quella che la parabola ci trasmette, tanto “altra”, tanto difficile a portarsi che la Chiesa non è stata capace di realizzare, neanche in epoca apostolica; si pensi a Paolo che nella sua Prima lettera ai cristiani di Corinto comanda alla Chiesa di “sradicare” dalla comunità uno colpevole di incesto, di espellerlo dalla Chiesa (cfr 1Cor 5,5). Dobbiamo dire che l’Evangelo giudica questa pagina di Paolo e dichiara che l’Apostolo non seguì la via di Gesù che chiede di lasciare il giudizio ultimo a Dio e di lasciare nel campo della Chiesa il buon grano assieme alla zizzania.
Nell’oggi della Chiesa è così: il grano sta assieme alla zizzania, non può essere diversamente…la Chiesa è così e così diventa luogo di pazienza e di fraterna carità…l’attesa ed il rinvio del giudizio custodiscono, forse, una speranza incredibile: la zizzania potrebbe trasformarsi. Certo, biologicamente, la zizzania mai diventerà buon grano, ma nel “paese” della grazia, sul terreno della Chiesa di Cristo, questo potrebbe anche avvenire…allora l’attesa è sì il tempo della Chiesa in cui non bisogna essere impazienti, ma è anche il tempo della speranza e dell’intercessione.
L’attesa che Dio chiede ci suggerisce che il Regno è sì presente ma è anche realtà in divenire, è realtà dinamica…la Pasqua del Figlio ha vinto il male in radice ma non ha eliminato le sue conseguenze; c’è, cioè, un “contagio” del male che infetta il terreno santo della Chiesa perché in esso ci sono gli uomini feriti e avvelenati da quel contagio.
Le due brevi parabole che Matteo narra tra la parabole della zizzania e la sua spiegazione, quelle del granello di senape e del lievito, ci vogliono rendere convinti dell’incredibile potenza dell’Evangelo…d’altro canto la storia di Gesù, finita così male, sembra piccola cosa, insignificante per la grande storia che neanche se ne è accorta, eppure ha in sé una “potenza” tale da trasformare la storia, proprio come il pizzico di lievito o il piccolo granello di senape…guai a chi si fa accecare dalla grandezza, guai a chi disprezza la piccolezza…
Nella storia c’è il seme del Regno ed è la Chiesa, piccola e povera, anche quando si è rivestita di potenza e ricchezza, perché peccatrice e colma di zizzania, ma quel seme del Regno porterà al Regno…di questo i cristiani devono essere certi senza però perdere la tensione verso la purificazione della Chiesa; la purificazione però non si ottiene sradicando gli altri dalla Chiesa ma sradicando il male dal proprio cuore e lottando, anche dolorosamente, per giungere a questo sradicamento.
P. Fabrizio Cristarella Orestano